STORIA
L’origine del toponimo Cicerale è verosimilmente spiegata dal motto che campeggia nello stemma comunale: Terra quae cicera alit, “Terra che nutre i ceci”.Percorrendo l’antica via Poseidonia, che da Paestum si snoda attraverso il Cilento, si giunge a Cicerale, borgo d’origine medievale che domina fieramente sul corso del fiume Alento.
Il paesaggio circostante,pervaso dalla rigogliosa e incontaminata Macchia mediterranea, custodisce i suggestivi segni della storia: le vestigia delle civiltà classiche, gli antichi eremi bizantini e benedettini, le aspre fortezze longobarde e le austere torri normanne. Il risultato è un’inedita combinazione tra il fecondo riserbo dei luoghi e la spudorata bellezza della natura: un richiamo irresistibile per i conquistatori del passato e per i turisti di oggi.
La prima notizia del borgo di Cicerale si ritrova in un documento del 1461, anno in cui Ferdinando I d'Aragona sottrasse il feudo alla famiglia Capano per concederlo ai Sanseverino, nobile casata di origine normanna.
Probabilmente, il nucleo primitivo del paese sorgeva in località Bocca di fava e si chiamava Corbella;
il piccolo centro fortificato subì le asprezze sia della guerra del Vespro sia della congiura dei Baroni: ancora oggi si possono vedere i ruderi del castello situato in vetta al Monte Battaglia, lungo il versante del Monte Sant’Andrea, a nord di Cicerale.
La posizione strategica del borgo Ciceralensis, di diretto controllo sulla viabilità tra la piana di Paestum e quella di Velia, ne consentì la sopravvivenza attraverso i secoli e nonostante i cambi di feudatari. I Sanseverino affidarono il borgo ai Gentilcore; nel 1636 esso passò ai Carafa, in seguito al ramo dei Carafa-Primicile che lo mantennero fino al 1806, data di abolizione della feudalità.
Il nobile passato, la vitalità e l’operosità di Cicerale trovano il loro simbolo nel santo patrono: Giorgio, l’indomito cavaliere che vinse un orribile drago nel segno di Cristo. Inoltre, il nome del santo deriva dal greco gheorgòs, “contadino”, e sembra richiamare un’altra “gloriosa” tradizione del paese: i ceci, talmente unici e gustosi da meritare un accurato disciplinare di produzione che impone la coltivazione biologica certificata AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica).